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Hai già aperto LinkedIn oggi? Nulla di nuovo sul fronte occidentale: come ogni giorno, da ormai molti mesi a questa parte, ci troverai post su post che parlano di intelligenza artificiale in azienda. ChatGPT, Perplexity, Gemini, Claude e tutti gli altri sono al centro di dibattiti continui che, al momento, non intendono scemare. Né lo faranno presto. Perché l’AI generativa, ad oggi, è la tecnologia AI più diffusa: il 51% delle aziende se ne serve quotidianamente per creare contenuti, fare assistenza clienti, automatizzare i processi.
Davanti a questo dato, perennemente in crescita, potremmo domandarci: come integrare al meglio l’intelligenza artificiale in azienda? Se già lo sto facendo, lo sto facendo bene? Domande a cui è possibile dare risposte articolate e puntuali attraverso la nostra consulenza strategica digitale (clicca se vuoi saperne di più).
Nell’articolo di oggi, in ogni caso, presenteremo 3 scenari pratici di uso dell’AI in azienda, con obiettivi, passi di implementazione, KPI e rischi da evitare. L’obiettivo? Tagliare tempi e costi, migliorare l’esperienza del cliente e permettere al team di lavoro di concentrarsi davvero sulle priorità.
Ed ecco il cuore del problema.
Secondo i dati del report fornito dalla terza edizione del AI Readiness Index di Cisco, nonostante i continui investimenti delle 8000 aziende intervistate, i risultati ottenuti non riescono a tenere il passo con la crescente domanda.
Il report ha permesso di suddividere le aziende in quattro gruppi: le pioniere (il 13%), le inseguitrici (il 36%), le imprese follower (48%) e, infine, le ritardatarie (il 3%). La situazione però è rimasta pressoché la stessa negli ultimi tre anni: le percentuali, dal 2023 al 2025, sono rimaste più o meno immobili. In poche parole: i pionieri continuano ad essere pionieri e i ritardatari continuano a procrastinare.
Grazie a una consulenza digitale strategica puoi uscire da questa stagnazione: continua a leggere l’articolo e scopri come introdurre gradualmente l’intelligenza artificiale in azienda.
Quando sentiamo discutere di automazione del customer service, di cosa si sta parlando nello specifico? Ecco la risposta: di un assistente conversazionale (voce o chat) che risponde 24 ore su 24 alle domande ripetitive, svolge piccole azioni – come la verifica dello stato di un ordine – instrada i ticket complessi agli umani, genera riassunti e proposte di risposta per l’operatore, e aggiorna automaticamente il CRM.
Altri esempi concreti? Risponde alle FAQ ed esegue azioni come la generazione di una fattura PDF. Capisce l’intent e assegna la issue al team corretto, impara dai contenuti che gli fornisci (legge policy e manuali, segnala la mancanza di informazioni).
Ecco anche i vantaggi più vistosi:
–> riduzione dei tempi di risposta
–> deflessione ticket di livello 1 (FAQ, stato ordini, resi)
–> qualità e coerenza delle risposte
Gli indicatori più importanti da tenere sott’occhio per monitorare la situazione sono: la percentuale di ticket risolti senza l’intervento umano, il tempo medio impiegato per la risoluzione dei problemi presentati, il CSAT post-chat (cioè il livello di soddisfazione del cliente dopo l’intervento dell’assistente virtuale), l’accuratezza delle risposte (per verificare la quale è necessario svolgere un campionamento settimanale), il costo per ticket.
In questo caso, modelli predittivi e agenti di pianificazione – cioè le nostre IA – suggeriscono ordini, livelli di stock e riassortimenti, simulando scenari probabili (stagionalità, promozioni, tempi di consegna, rotture di stock, eccetera) per rimanere sempre al passo.
L’obiettivo è ridurre lo stock-out e l’overstock (cioè le situazioni in cui mancano prodotti o ne avanzano troppi), migliorare l’OTIF (cioè l’indicatore logistico che misura la percentuale di ordini consegnati ai clienti sia puntualmente sia nelle quantità e qualità concordate), attuare una liberazione di capitale circolante (cioè rendere disponibile all’azienda quella liquidità che, prima, restava bloccata a causa, ad esempio, di una gestione poco efficiente delle scorte).
Qui l’IA provvede alla generazione di messaggi personalizzati in base al segmento del target e al canale impiegato, rispettando la coerenza del tone of voice del brand e la normativa sulla privacy. Tra le altre cose, crea varianti, suggerisce offerte, ottimizza oggetto e CTA delle comunicazioni, adatta il tono al ciclo di vita del cliente.

Il suo obiettivo è aumentare la Conversion Rate (CR) e il Click Through Rate (CTR), accrescere il valore medio dell’ordine e il valore del ciclo di vita del cliente – cioè il profitto totale che un’azienda può aspettarsi da una singola persona durante l’intera durata della loro relazione -, ridurre il tempo di produzione dei contenuti, e quindi anche il loro costo.
Come hai potuto vedere nell’articolo di oggi, l’IA diventa realmente utile quando è incastonata nei processi aziendali con obiettivi chiari, dati disponibili e metriche di successo. I tre casi d’uso qui sopra affrontati coprono front office, back office e conoscenza interna. Partire da uno solo, ben definito, è spesso sufficiente per generare un ROI tangibile e migliorare la percezione dell’utente nei confronti del tuo brand.
Vuoi scegliere il primo pilot con il massimo impatto (e il minimo rischio)? Il team di Innovea può guidarti in questo processo, preparare i dati necessari, implementare l’IA in 4/6 settimane e misurare il risultato con KPI chiari.
Se hai bisogno di noi per introdurre l’intelligenza artificiale in azienda, clicca qui e contattaci direttamente: insieme miglioreremo il tuo business.